Facciamo vandalismo
Questo breve scritto si può usare in molte forme.
All’autore gliene piacerebbe una in particolare: chi ha iniziato a
leggerlo potrebbe scegliere una delle cose che lo opprimono ogni
giorno e usare questa carta come miccia per incendiarla.
Se questo non è il momento migliore allora si aspetterà
leggendolo, semmai, di quando in quando.
Ciò che è scritto vuole essere un attacco ai pregiudizi ereditati
dalla società capitalista su ciò che sono il vandalismo, le
sommosse, i saccheggi, eccetera.
Ha l’intento di abbattere i muri che ci impediscono di fare ciò
che ci diverte, ciò che vogliamo: attaccare il nemico dove più gli
duole.
I nostri atti sono spesso giudicati in base a pregiudizi. Questi
sono basati sulla morale dominante che è la morale di coloro che
dominano, che comandano. La morale in vigore oggi è quella che
esalta il dialogo, il consenso, il compromesso, le petizioni, ma
nello stesso momento sostiene un sistema che schiavizza ed uccide.
La morale non è che un freno per chi vuole attaccare il potere. Un
freno costruito appositamente.
Il suo obiettivo è trasformare la vita in una somma di occasioni
sprecate.
Cercare di affogare i nostri desideri proprio in questi
pregiudizi.
Chi è stanco di inghiottire le fandonie dei media, ha compreso che
il mito che indica che questa è la società della “comunicazione” è
assurdo.
Siamo sfruttati, schiavizzati, torturati ed oppressi, e quando ci
decidiamo ad attaccare il nemico viene il momento che ci
domandiamo se ciò che faremo è un atto di autodifesa o meno.
Chi la pensa così filosofeggia sul fatto che la distruzione della
proprietà è violenza o no, distingue quale atto è violento e quale
no; marca cioè il limite a partire dal quale i nostri atti
superano la frontiera dell’inaccettabile.
Ci giudica in base alla morale.
Dialoghiamo troppo, con il nemico e con i suoi falsi oppositori.
A volte il silenzio comunica meglio.
Alle volte bisogna agire e mettere da parte il dialogo.
Come sfruttati non riconosciamo a nessuno il diritto di indicarci
il cammino da seguire.
Come ribelli non riconosciamo a nessuno il diritto a imporci un
sistema di valori, una morale.
Siam stufi dei moralisti.
Con la rinuncia a distruggere il sistema inizia l’ossessione per
la creatività.
Il cittadini coscienzioso basa la sua attività nell’apportare
“proposte costruttive”, con una “attitudine positiva” per
contribuire a “migliorare le cose”.
Questa creatività politica non è che un sinonimo di riforme e di
abbellimenti che vorrebbero guardare a un futuro che non esiste.
L’unica cosa utile è quella che ci sa il piacere immediato o che
serve per estendere la rivolta e per farla finita con questo
sistema.
NON VOGLIAMO AUTOGESTIRCI LA MISERIA.
NON VOGLIAMO DECORARE QUESTO MONDO DI MERDA CON PROPOSTE IN
POSITIVO.
VOGLIAMO ATTACCARLO PER DISTRUGGERLO!
Le rivolte non vengono dai libri, né dalla mente di nessun
illuminato, bensì, nascono dell’esplosione di disobbedienza di
coloro che hanno accumulato sufficiente rabbia da essere stufi
delle proposte ufficiali.
Il cittadini progressista vede gli sfruttati come persone da
organizzare ed educare per fini rivendicativi. La mistificazione
con la quale osserva le autorità lo spinge a vedere la gente come
una massa di esseri incapaci di ogni reali iniziativa contro il
potere.
Ereditata dagli “illustri” del XVIII secolo un’adorazione mistica
per il razionalismo, la pianificazione e la fobia accesa per la
passione, i desideri e la rivolta dis-ordinata.
L’intellettualismo di sinistra pretende di pianificare dal suo
tavolo di chiacchiericci le nostre vite. Pretende di convertirci a
sua immagine e somiglianza in vegetali “coscienti”.
È la passione e il rifiuto delle convenzioni, quando è stata l’ora
di agire, che hanno invece aperto molte strade alla ribellione
incontrollata.
Non c’è niente che ci stanca più dell’enorme sforzo che dobbiamo
fare ogni giorno per essere razionale, ragionevoli. Uno sforzo per
non essere semplicemente e profondamente noi stessi.
LA PASSIONE PER LA VITA ESIGE COLLERE E ODIO PER CHI VUOLE
UCCIDERCI POCO A POCO.
I SUICIDI QUOTIDIANI DELLA DISOBBEDIENZA, L’INTRANSIGENZA E LA
RASSEGNAZIONE CI TRASFORMANO IN ZOMBIE CON ACQUA NELLE VENE.
La reazione del pianificatore delle proteste all’azione ribelle è
quantomeno ostile. La condanna facendosi spesso scudo della
risposta repressiva che potrebbe comportare. È perché non vede il
potere come nemico da distruggere. Se lo facesse capirebbe che la
lotta tra sfruttatori e sfruttati non conosce momenti di pace; gli
scontri sono continui e la repressione è uno strumento in più
dell’oppressore.
Il sottomettersi al mantenimento dei limiti della legalità non
garantisce la continuità di nessun movimento antiautoritario, in
realtà è il suo peggior nemico.
Le organizzazioni di sinistra si trasformano ogni giorno di più in
Istituzioni Ufficiali di Lamentela.
Il loro funzionamento è un ciclo che inizia cercando di assorbire
i focolai della “dissidenza” e dello scontento per far sì, una
volta individuati, che possano essere presentati come gruppi di
pressione che chiedono la loro razione di concessioni a
Papà-Stato. A partire da qui i progressisti vedono una minaccia
nell’atto ribelle individuale o il gruppo che scappa al suo
controllo.
E se qualcuno può attaccare il nemico semplicemente con le idee
chiare e la determinazione, a che servono i professionisti della
lotta e i loro apparati burocratici?
Così quando avvengono atti non controllabili dalle Istituzioni
Ufficiali di Lamentela queste reagiscono sulla difensiva. Diranno
che sono azioni controproducenti, senza senso o anche che “sono di
Stato, intendono reprimerci ancora di più!”. Con quanto cercano di
coprire i loro fallimenti dando la colpa ai violenti, agli
incontrollati, ai provocatori.
In realtà la vita quotidiana continua al margine di queste
fantasie egocentriche. Ci sono continue attività illegali contro
il nemico: furti a danni di imprese o supermercati, distruzione di
macchinari da lavoro, sabotaggi vari, eccetera. Se questi
comportamenti illegali non si sono trasformati in momenti di
ribellione collettiva è per due fondamentali ragioni: per la
mancanza di fiducia nelle proprie capacità individuali e/o
collettive, secondo per la miticizzazione del potere e per
l’esistenza di pregiudizi morali rispetto alla violenza, al
dialogo, alla democrazia.
L’eliminazione dell’elitarismo (proprio della cultura di sinistra)
inizia dal non pensarsi ne più ne meno coscienti del resto degli
sfruttati.
Non è sottovalutando le azioni spontanee di attacco che
estenderemo la rivolta. Anzi bisogna farsi complici di queste e
gettare benzina laddove c’è fuoco, rompendo così con le cause
controllate dalle opposizioni ed estendendo il comportamento.
Pratichiamo il vandalismo o comunque le azioni che cercano il
piacere nell’attaccare qualcosa o qualcuno che ci opprime.
È una pratica semplice e aperta a tutti. Per questo è già
abbastanza estesa e si potrebbe estendere molto di più.
Con l’attacco demistifichiamo il nemico rompendo apparenza di pace
sociale e di controllo totale.
Con il vandalismo, inoltre, la si fa finita con il mito
sinistroide che vede il potere sempre lontano ed irraggiungibile.
Il cuore del potere, invece, è ogni giorno intorno a noi e alla
nostra portata, anche solo nelle relazioni che stabiliamo con il
“padrone”, il “capo”, gli agenti repressori, le imprese, le
istituzioni…
NESSUN ATTO DI RIVOLTA È CIECO O INUTILE.
La semplice ostentazione del potere e dello spreco di denaro di
chi ci sfrutta è la provocazione per far sì che soffriamo le
dovute conseguenze.
Meritiamo di ricevere il frutto della nostra rabbia.
Questo sistema non ci può offrire ciò che vogliamo e quindi
dobbiamo combatterlo giorno dopo giorno.
Non delegheremo a nessuno la nostra attività di attacco: non
abbiamo bisogno di professionisti delle armi.
È falso credere che l’attività di attacco porti direttamente alla
clandestinità. Gli unci interessati a diffondere queste fantasie
sono il potere e le organizzazioni di sinistra (armate e non). La
questione non è scegliere tra manifestare in strada o portare
avanti azioni di attacco. Dobbiamo essere flessibili e capire che
tutti gli atti che fanno avanzare la rivolta sono validi; che la
separazione tra questi ed altri tipi di attività è stata disegnata
dal sistema per mezzo di leggi e norme per annichilirci.
Dobbiamo essere flessibili per agire alla luce del giorno così
come nel buio della notte.
Il vandalismo è uno strumento utile e divertente.
Un’ultima cosa, la sua cattiva fama si deve soprattutto alla sua
capacità di destabilizzare la vita quotidiana e per la sua
facilità di estensione.
Per questo ci interessa, per questo lo difendiamo e lo
pratichiamo.
È molto facile. Anche tu puoi farlo.
Fallo!
K. Tow. - Febbraio 2001
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